Il Monaco Bianco

Mercoledì 15 Gennaio 2025.

Nella sede dell’Associazione Fatti Non Foste, si è tenuto un incontro riservato ai soci, sulla figura di Luigi Loperfido, conosciuto come il “Monaco Bianco”.

Ospite della serata Gianni Maragno autore del libro L’anarchia estetica. Il Monaco Bianco Storia di un rivoluzionario mancato.
Accompagnato da Giovanni Caserta, storico materano già Docente di Lettere Italiane e Latine presso il Liceo Duni di Matera.
 
L’autore, con parole semplici e comprensibili, ha discusso su di un personaggio all’apparenza stravagante, ma che seppe tracciare un solco indelebile in direzione dell’emancipazione degli umili e dei diseredati.
Nella Matera di fine ‘800 e inizio ‘900 organizzò circoli e leghe contadine di resistenza e lavoro in contrasto con la gerarchia cattolica, per una organizzazione economica differente della società.
Nato a Matera, il 5 Giugno 1877, da una madre che non lo riconobbe, fu iscritto in anagrafe come Luigi Medauro e affidato a una levatrice originaria di Grottole, Maria Giuseppa Barra, e a un macellaio di Montescaglioso, Emanuele Loperfido, che lo adottarono legalmente solo nel 1890. Nello stesso anno, appena tredicenne e analfabeta, emigrò con un parente negli Stati Uniti. A New York, Luigi Loperfido si fece strada come scultore, ma ben presto decise di rinunciare ad una ben avviata carriera di artista per ritornare in Italia e realizzare una Scuola d’Arte gratuita, in favore dei bambini poveri. Imbevuto di cultura americana, capì che, per incitare alla donazione generosa, al fine di realizzare l’agognato progetto della Scuola, occorreva colpire la fantasia popolare. Fu così che volle vestire come un antico ateniese, avvolgendosi con un largo lenzuolo bianco, calzando sandali di legno ai piedi, acconciando la chioma lunga e inanellata e la barba alla nazarena. Ma le condizioni di estrema povertà di Matera lo indussero a mettere da parte l’inventiva d’artista, per abbracciare le esigenze dei contadini e pastori che presto lo osannarono come un Messia. Alla Lega di Resistenza e Lavoro, capeggiata dal Monaco Bianco, aderirono ben presto migliaia di famiglie contadine. Migliori condizioni di vita, pane e lavoro, portarono la Lega del Monaco Bianco ad indire lo sciopero cittadino del 1902: si verificarono disordini e si contò anche un morto tra i soci.
Per la prima volta l’attenzione anche nazionale si focalizzò sulla condizione esemplare di Matera. Lo scontro tra due realtà che convivevano nel territorio della stessa città, una nella parte alta e agiata, con i palazzi signorili e la cattedrale, e l’altra invece dei bassi, altamente insalubre caratterizzata dal fetore pestilenziale e dalle grotte umide e buie. Si trattò di uno scontro epocale per Matera; a seguito del processo seguito a quella drammatica manifestazione di piazza, il Monaco Bianco, imputato insieme ad altri 22 contadini, ritenne di non dover più guidare la Lega e fece la scelta di aderire alla chiesa Evangelica Battista, formando il primo nucleo della comunità di Matera.
Anche nella scelta del luogo di culto il Pastore Luigi Loperfido volle essere innovativo. Prese in fitto un ipogeo, che la stampa dell’epoca sosteneva, attribuendolo ad una epoca molto antica, trattarsi dell’antico Teatro degli Horei, descrivendo gli abitanti come i biblici Horei, una leggendaria popolazione che viveva nelle grotte scavate delle montagne.
Fu l’occasione che diede voce a quanti che fino ad allora vivevano una condizione di esclusione sociale di trovare una degna e responsabile rappresentanza, primo passo per una progressiva integrazione sociale ed economica.
Fu cosi che nel 1925, soltanto pochi anni prima della nascita di un altro notissimo Pastore Battista, Martin Luther King, il Monaco Bianco teneva le sue prediche nelle Chiese Battiste del Bronx e di Manhattan, anticipando con la sua testimonianza in favore dell’emancipazione dei contadini poveri di Matera, quello che il suo collega farà per i negri d’America.
Il confronto ha sempre animato la personalità di Luigi Loperfido, scultore, sindacalista, ministro di culto. Questa sua incostante poliedricità, attraente e decisiva nei contatti sociali, non fu sempre adeguatamente compresa; nascondeva, probabilmente, un intimo desiderio missionario teso ad aiutare gli altri, soprattutto se carenti di mezzi per affrontare le difficoltà della vita.
Propensione che lo portò spesso a primeggiare nella pace senza mai indietreggiare di fronte ai soprusi e alle violenze, in special modo se dirette agli ultimi. Fu un precursore per tutta la vita.
Gianni Maragno

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